Dialogo sull'eternità

14.03.2012 13:29

Autore: Elmoamf

 

Alcuni di noi sostengono di esserne immortali altri più semplicemente credono nell’immortalità.

Per gli uni ci si ritiene invincibili, persino alla morte, per gli altri si è convinti, per fede o credo scientifico, di poter vivere in eterno oltre la dimensione umana. Comunque stiano le cose, la sola ed unica verità giace plausibilmente in quel fitto meandro di misteri che è la “Vita”.

 

Durante l’ultimo dei suoi sonni tormentati incontrò un angelo. Inizialmente gli apparse sotto forma di oca bianca. Una grande oca che spesso poi si troverà a confondere con un cigno.

Accostatasi alle ante della finestra della camera da letto, istintivamente lo spinse a chiuderne quelle di vetro interne, preoccupato che potesse entrare. Non era un vero e proprio timore ma solo una precauzione dovuta alle dimensioni dell’animale che lo avevano portato a credere che fosse necessario proteggersi. Proteggersi però da cosa, si chiese più volte in seguito senza sapersi mai dare una risposta convincente. L’oca bianca dal becco grande e di un arancione vivo nella sua immaginazione gli ricordava quella volta che un oca, forse della stessa mole, gli si era accovacciata sotto il cornicione di casa vicino allo stesso punto in cui ora la stava sognando.

D’improvviso si trasformo in un angelo dalle sembianze umane e dal viso di donna, come gli parve poi di ricordare. Con la classica tunica bianca ma senza maniche o almeno così credeva, ed i capelli scuri. Sulle spalle due enormi ali a completarne il ritratto.

L’angelo era lì per “annunciargli” qualcosa. Questo era ciò che aveva intuito e subito in lui era subentrata l’ansia che non potesse fare in tempo.

Dal momento in cui aveva notato l’oca aveva compreso istantaneamente che si trattava di un sogno particolare e che lui appunto lo stava sognando, era nel mondo onirico e se ne rendeva conto.

Per questo aveva inizialmente esitato e per questo ora temeva che tutto potesse svanire in modo repentino.

Gli chiese più volte conferma mosso da ingenua e sincera incredulità, pur sapendo che non era necessario. Dentro di lui ne aveva l’assoluta consapevolezza ma aveva un bisogno irrefrenabile di dirglielo e lo ripete tre volte come fosse il canto di un gallo.

L’angelo gli consegnò un oggetto, un oggetto che ora non saprebbe come descrivere o, se non altro, dire di cosa si trattasse. Sembrava fosse un “videogame” di quelli portatili che producevano negli anni ’80, di dimensioni leggermente più grandi del normale.

In esso, aveva intuito, doveva cercare il messaggio o di li a poco sarebbe apparso.

L’angelo aveva però compreso. Aveva percepito in lui quell’ansia che tutto potesse dissolversi e quasi ad esprimere la sua frenesia in parole, rivolgendosi ad uno interlocutore sconosciuto, disse “lo stiamo perdendo” e poi “prima che sia troppo tardi”. Così credeva di ricordare che avesse affermato.

Tanto nitidi quanto confusi quei pochi frammenti d’immagine che ora si sforzava di ricostruire.

L’angelo ripete l’esortazione ancora una volta ed una volta ancora mentre lui si ostinava ad osservare il display di quell’oggetto alla ricerca di un termine od una simbologia chiave. Non aveva trovato nulla. Il velo della paura, la paura di perderlo, l’angelo o qualunque altra cosa fosse stata, lo aveva celato ai suoi occhi. Ora ne era cosciente e lo era anche in quell’istante ma allo stesso tempo e allo stesso modo, incapace di reagire. L’angelo si era dissolto come aveva paventato e come si dall’inizio aveva previsto. Era ancora presto ed il momento per capire non era ancora arrivato. L’annuncio era quello di un angelo venuto a preparare “il cammino”. Dopo di lui ne sarebbero arrivati altri che avrebbero portato con se sogni più ricchi di immagini e parole, sogni da non dimenticare. Era l’inizio e doveva farsi trovare pronto, come chi si appresta alla semina in un campo incolto e ha necessità di arare e curare il terreno. Doveva coltivare se stesso per permettere anche al suo animo di germogliare in primavera. Era l’autunno della sua vita e si accingeva ad affrontare un lungo inverno, duro e sofferente, ma la gioia del sole, della luce del giorno lo avrebbero condotto nella stagione della rinascita.

Prosegui il suo sonno tormentato e nelle prime ore del mattino, quelle in cui l’alba sta sgranando gli occhi intorpiditi dalla notte, di nuovo l’angelo, o forse un suo compagno, gli venne incontro. Anche questa volta nelle sembianze di una donna, che fu, nel caso, più schietta e diretta del precedente.

Nel sogno ero in preda all’ira come spesso nella vita reale gli capitava di sentirsi. In quell’ultimo periodo aveva vissuto momenti di forte stress e quel sentimento d’impotenza nei confronti del “destino” era prepotentemente riaffiorato suscitando in lui rabbia e disperazione.

Si era infuriato per un banalità, questo lui lo sapeva e la cosa lo rendeva ancor più sferzante nei confronti di se stesso e della fatalità degli eventi. Si sentiva vittima del mondo intero, cieco sotto i colpi di un plotone d’esecuzione. L’angelo, che tutto sapeva e tutto sentiva, l’aveva seguito e pur vedendolo riluttante ad ascoltare, gli rivolse la parola come per farlo tornare in se. Non ricordava più bene cosa gli avesse detto ma il senso profondo di quelle parole lo avevano rassicurato. La difficoltà di esprimere all’esterno ciò che dentro di lui provava, la difficoltà a vivere quelle emozioni che dentro di lui erano limpide, lo avevano sempre sfibrato. Quelle poche frasi, chiare e senza aforismi, lo avevano come d’incanto rilassato e liberato, almeno per un attimo, dall’eterna costernazione.

 

 

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