Etica e Retorica

18.03.2012 17:49

Autore: Elmoamf

 

Sincerità. Tanto vorremmo fosse un termine di reale sostanza.
Eppure non è così, inevitabilmente.
Siamo intrisi di retorica, di totale inutilità.
Conversiamo del nulla, pasteggiamo dell'effimero.
Nonostante i ns sforzi erculei i risultati non ci aiutano.
La ragione non è dei ns, forse l'altrui conformismo.
L'accettazione cieca della convenzione come realtà fraintesa, insindacabile.
Una Matrix de noantri, volgarmente equivoca.
Come in un una commedia plautina siamo esposti ell'equivoco ilare dello spettatore coinvolto.
Perché spettattore ? Perché coinvolto ?
Perché la genesi dell'opinione giace nella confusione dei termini e nella trasmissione di concetti prefabbricati.
Abili nell'agire per interesse, vulnerabili nel difendere fragili protagonismi.
La retorica è la sintesi del potere "esercitante", di uomini privi di reale intelletto.
Ebbri di determinante splendore, gli uomini si elevano oltre il loro stesso valore, al di là di ogni vivida essenza.
Fluttuiamo sacri nel ns sudario immacolato additando il prossimo: peccatore e peccato espiatorio.
Giustizieri nella notte delle civiltà, nel declino della cultura, nel degrado dei rapporti sociali.
Viviamo di consumo, breve, intenso e derisorio.
Difficilmente ci lanciamo in discorsi arditi, di alto spessore e livelo trascendentale.
La lungimiranza, la preveggenza, la profezia sono fantasie da oratorio o da fiction cinematografica.
Non siamo pronti o non ci interessa esserlo nell'esercizio della ns autodeterminazione.
Esprimere la propria natura è una atto istintivo ma all'interno di una sovrastruttura organizzata si rivela un adattamento coatto.
Realiziamo il ns essere nella sottomissione e nell'appartenenza a reltà o poteri più grandi della ns singola individualità.
Confondiamo la comunità ed il suo consociativismo, il suo pervasivo e onnicomprensivo sentimento interpretativo, con la verità ultima del pensiero.
La verità del gruppo è la verità del singolo e non esiste altra verità al di fuori di esso.
Chi ha stabilitò tale verità ?
Chi la plasmata ? Chi l'ha istituita ? Chi l'ha socializzata ? Chi l'ha imposta ?
Quando si parla di verità si affronta un argomento scottante e delicato.
Si toccano le corde esreme della rappresentazione dell'essenza e dell'essere totale.
Cristo ha indicato una via inequivocabile per il raggiungimento della verità.
In modo altrettanto netto, altresì ha individuato quali requisiti sono e saranno necessari per il suo perseguimento ed il suo completo adempimpeto.
Nessuno pretende che si creda in Cristo.
Altrettanto radicalmente, nessuno ritiene che la libertà dell'individuo sia la conseguenza di una sua filiazione-afflizione preconcetta o forzata.
Un'affiliazione verso una credenza che si espone e dispone come una forzatura: storica o culturale, pscicologia e/o religiosa, di un elite delirante.
Non credo nel clero, nell'oligarchia politica, nel regime militare, nella nobiltà illuminata, nel proletariato massivo, nella socialdemocrazia.
Credo in Criso unico e salvatore.
Portatore di una verità ultima e definitiva.
Realizzatore di un eternità onnicomprensiva e totalmente appagante: compenetrativa.
La Trasmutazione del monte Tabor ne è un esempio preveggente di ciò che aspetta e anela l'uomo nel suo incedere in anima e corpo.
Attraverso il fluire della materia universale e dell'antimateria dimensionale.
Attraverso ciò che è e si manifesta e ciò che non è perché rimane celato.
Squarciamo quel velo per penetrare l'infinito.
La retorica e l'etica lasciamola a chi vuole rimanere in agguato.
Nei cespugli nascosto non troverà altro che terra rimossa.
Vanghe, fosse e vermi che strisciano per la rigenerazione terrena.
L'humus deriva dalle carni morte per dare nuova vita a piante sopinte e silenti.
La morte è solo un passaggio verso una dimensione che ora ancora non ci appartiene.
La morte però può essere il terminale dell'esistenza per chi rimane ancorato, incatenato alla vita terrena come un possesso.
Un dominio di sterile spettralità.
Faber est suae quisque fortunae.
Ciascuno è artefice della propria sorte.
(Sallustio)
 

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