Internet, complotti e censure. Il concetto di sfiducia...e di colpa!

02.12.2012 16:01

Autore: Elmoamf

 

Questi ultimi giorni hanno riportato prepotentemente alla mia attenzione un concetto da sempre covato come una chioccia protettrice nei confronti di un parto gemellare.

Il concetto di sfiducia...e di colpa!

Al pari dell'arroganza e dell'ipocrisia, cardini della miseria umana, quello della sfiducia come quello sublime della colpa sono degli elementi altrettanto fatali nello sviluppo in-costruttivo delle umane società.

Quando la sfiducia e conseguentemente la colpa prendono il sopravvento su tutte le altre emozioni umane, si tende, ipso facto, al sospetto ed all'istintiva aggressività nei confronti del prossimo... di ogni prossimo!

Poiché tutto ed il "tutto" si traduce in termini di "raggiro", "sottomissione", "coercizione", "sopraffazione".

Qualcuno in un remoto passato ebbe a dire: "...date a Cesare quel che è di Cesare ed a..."

Lascio la frase appositamente in sospeso per non aggiungere ulteriore influenza alla carne al fuoco.

A tal proposito...

Il mio modo di esprimermi, lo ammetto, è troppo spesso, alquanto, criptico.

So, pertanto, che dovrò lavorarci sopra per essere più diretto ed incisivo.

Ciò non toglie che le immagini tratte dalle parole e dalla loro composizione od accostamento, possano spesso rivelarsi istintivamente. Ossia tradursi in elementi cognitivi (consci od inconsci che siano) impercettibilmente ma effettivamente da non sottovalutare.

Nel continuo evolversi delle vicende umane, quelle stesse immagini valgono più di ogni ulteriore esplicazione o disquisizione sulla realtà che ci circonda. Realtà che ci coinvolge con il suo mantello ammaliante e persuasivo.

 

Torno all'esempio ed al principio: la carne al fuoco!

Immaginiamo un barbecue sul quale arrostire dell'ottima selvaggina.

Dovremmo prima e forse valutarne la brace, che non faccia troppo fuoco o troppo fumo.

Dovremmo prima e forse valutarne la carne, che non sia troppo cotta o più probabilmente troppo al sangue.

Dovremmo prima e forse valutarne i tempi, che non siano troppo lunghi o troppo brevi altrimenti si correrebbe il rischio dell'accavallarsi, dell'interporsi o scavallarsi con altre cotture, altre "aspettative".

 

Come la sfiducia e la colpa (...o l'arroganza e l'ipocrisia, la superbia e la mendacia, l'avidità e la sopraffazione...) sono portatrici di dispregio nella valutazione del ns prossimo così l'inconsistenza e la vacuità del ns pensiero o della ns capacità critica possono rivelarsi portatrici di superficialità... nella valutazione del ns incedere come del ns ambiente circostante, costruito su elementi apparentemente inermi, inanimati e spesso avulsi rispetto alle  ns capacità di valutazione.

Elementi a volte  frutto di  fattori imprevedibili, soggetti al caso ed alla mirabile insostenibilità dei sistemi.

Più spesso figli di mirate articolazioni e previsioni, di andamento e reazione e manipolazione ed infine conduzione del sistema.

 

Pur essendo tutti attori protagonisti su di un palcoscenico multiforme e poliedrico, pochi di noi concretamente esercitano le proprie capacità mimiche, calandosi camaleonticamente nel personaggio di spicco e nel ruolo del leader.

Pur tuttavia in questa realtà fatta di ruoli preminenti e comparse, sullo sfondo di paesaggi dipinti come quinte teatrali, una figura sovente sfugge all'attenzione. Mal compresa, valutata, concepita o riconosciuta.

La figura del regista, l'abile architetto scenico che detta le parti e dispone degli stessi ruoli.

 

La vera colpa, allora, giace in questa complice accettazione ed assuefazione alla regia.

Poiché la libertà dell'individuo non può prescindere, a parer mio, da una profonda riflessione sul proprio ruolo e sulla propria incidenza sulla realtà.

Altrettanto la presunzione di esser vittima o carnefice non può prescindere dalla constatazione della ns fallacia e dei ns limiti umani legati ad un archetipo sistema di concezione della materia universale.

In altre parole, l'individuo è spinto a ragionare sulla società quasi esclusivamente per compartimenti stagni, per porzioni, per parziali vedute della società stessa.

Raramente se non unicamente, nell'arco intero dell'esistenza, si è in grado di osservare lo scibile umano nella sua totalità.

L'ultrà abusato termine di globalizzazione altro non è, a mio avviso, che un vuoto contenitore dove impunemente, spavaldamente e spudoratamente si è gettati tutte le ns illusioni e miraggi parcellizzati rispetto al ns vacuo e confuso ideale di emancipazione sociale.

 

A tal proposito, pertanto, torna opportuno riflettere sul significato di alcuni termini, tanto cari ad alcuni fruitori del "malessere" rispetto ai di loro personali propositi di "riscatto".

Termini come: cospirazione, manipolazione, censura, controllo, libertà d'espressione "violata", condizionamento e coercizione nell'era della mediazione tecnologica veicolata attraverso il villaggio globale della cosmologia internettiana.

 

La stessa epoca cosmologica "globalizzatrice" a portato con se, appunto, quelle innovazioni mediatiche e tecnologiche tali da rivoluzionare, almeno nel concetto "spicciolo" del termine, il modo con cui interfacciarsi al mondo e con il mondo.

Le relazioni, i contatti, le conoscenze, le interazioni, le immagini, i suoni e quanto di più fruibile a livello sensoriale in termini di immediato "consumo", hanno subito una metamorfosi per certi versi kafkiana, per altri copernicana rispetto alle immense possibilità di "contatto" che si sono schiuse di fronte ai ns occhi.

Pur rimanendo quelle ns stesse capacità sensoriali ancora fragili ed impreparate per assorbire e metabolizzare l'inaspettato salto di paradigma.

 

Tale ribaltamento nell'analisi dei rapporti umani e sociali ha lasciato che la storia si avviluppasse in una ulteriore e più sofisticata coltre oscura di fumo e fuliggine ove l'uomo fosse in grado di scavarne quel tanto per comprenderne una parte e perseguire l'obiettivo di svelarne il rimanente ma non sufficientemente in grado di arrivarne al culmine della comprensione.

Per questo dietro ogni storia se ne cela sempre un'altra ed un altra ed un'altra ancora, in un gioco di scatole cinesi, di matrioske folkloristiche e colorate ove la sostanza giace più nei simboli su di esse dipinti che negli oggetti in esse effettivamente contenuti.

 

Questo perverso meccanismo si è imposto e auto-alimentato grazie anche all'apporto inconscio degli attori che inconsapevolmente ne sono entrati, entusiasticamente, a far parte. Nella migliore delle cornici oniriche di subliminale persuasione dell'intelletto e della percezione extra-sensoriale.

Richiamandosi certamente al tanto caro Orwell ma ancor di più e maggiormente all'incidente, energica, tagliente, penetrante e leggendaria trilogia hollywoodiana di "Matrix".

 

Oggi, alcuni di noi si scoprono non solo fragili ma del tutto impotenti, disarmati, di fronte alla pervasività del "sistema". Un labirinto mitologico. Una prigione dell'anima. Una cella scavata nell'abisso.

Costernati nel dilemma che gli impone d'agire ma al tempo stesso li scoraggia dal farlo.

Annichiliti di fronte alla forza ed alla potenza dello schieramento "dominante".

Stupiti al cospetto della sciocchezza, della superficialità e dell'inconsistenza dei comportamenti altrui.

Eppure ammirati dalla costanza, dalla convinzione e dallo zelo che taluni, contrariamente dimostrano nel voler uscire da tal "dettati" schemi.

Oggi, il piano di valutazione della ns realtà si bilancia in perfetto equilibrio tra il baratro della certezza del "male" e l'infinito incerto, inteso pertanto come irraggiungibile, del "bene".

 

Una sintesi, una compenetrazione, una penetrazione trascendentale di nefasto binomio del tutto materialistico, sarebbe quantomeno auspicabile ma non rientra, purtroppo, nei ns miseri destini di esseri umani.

 

O, almeno, non per il momento!

 

Un saluto,

Elmoamf

 

 

 

 

 

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